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Ad Aquileia, per rinnovare l'annuncio di Cristo


Di nuovo ad Aquileia, culla del cristianesimo triveneto, a distanza di ventidue anni dal primo convegno ecclesiale nella storia delle quindici diocesi del Nord­Est. Per preparare l’importante avvenimento, in programma dal 13 al 15 aprile 2012, è stato istituito un apposito Comitato, il cui vicepresidente (insieme con il vescovo di Padova, monsignor Antonio Mattiazzo) è monsignor Lucio Soravito, vescovo di Adria-Rovigo.

Msa. Alzare le vele verso un convegno di tale portata rappresenta un bell’impegno. Dove si vuole arrivare?
Soravito. Si vogliono stimolare le nostre Chiese a svolgere la loro missione fondamentale: annunciare Gesù Cristo crocifisso e risorto all’uomo di oggi, che si trova a dover affrontare sfide inedite e sconvolgenti. Il terzo millennio si è aperto con grandi attese e con scenari nuovi, che hanno cambiato non solo il sistema di comunicare e le dinamiche relazionali, ma anche l’uomo stesso. La crisi economica, poi, ha portato pesanti conseguenze sul piano personale, familiare e sociale.
Nel NordEst si è fatto sempre più rilevante il fenomeno dell’immigrazione, non semplice da gestire. Accanto a esso si fa sempre più impegnativa la cosiddetta «questione delle nuove generazioni», che sollecita le comunità cristiane a impostare in maniera nuova il rapporto con i giovani. In questa situazione problematica, le nostre Chiese si chiedono: come aiutare l’uomo d’oggi a ritrovare il senso di Dio, in questa società che sembra averlo perduto?

Si parla di Aquileia 2 perché nel 1990 si è celebrato un primo importante evento, quello che adesso possiamo chiamare Aquileia 1. Qual è il suo ricordo in proposito e quale il collegamento ideale tra i due convegni?
Aquileia 1 ha creato un dialogo ricco e stimolante tra le nostre Chiese che, pur appartenenti a tre regioni contermini, sono molto variegate nel loro assetto sociale e culturale. Quel primo Convegno ecclesiale ha fatto sentire la bellezza della collaborazione tra Chiese sorelle, per un rinnovato impegno di evangelizzazione e per una maggiore apertura missionaria. Quell’evento inoltre ha permesso di creare tre settori di collaborazione, ritenuti particolarmente urgenti: il potenziamento della formazione teologica, con l’istituzione della Facoltà di Teologia; l’attenzione pastorale al turismo e all’immigrazione; l’assunzione di un nuovo impegno nel campo dei mass media, con la creazione di Telechiara e la promozione degli altri strumenti di comunicazione sociale.

Nella traccia preparatoria, per motivare Aquileia 2 si usano tre parole belle ma impegnative: testimonianza, discernimento comunitario, profezia. Ce le spiega?
Innanziatutto le Chiese del Triveneto si propongono di testimoniare, attraverso la narrazione, il loro vissuto nel ventennio trascorso, riconoscendovi la presenza e l’azione dello Spirito; il Convegno vuole aiutarci a condividere le esperienze ecclesiali e pastorali in atto per un arricchimento reciproco. Con il discernimento comunitario, invece, si punta a individuare insieme ciò che lo Spirito dice alle Chiese attraverso le sfide, le difficoltà, le domande, i cambiamenti socio-culturali, i nuovi atteggiamenti religiosi e le espressioni di appartenenza ecclesiale delle nostre diocesi oggi. Infine, c’è la profezia: si tratta di progettare le modalità e le iniziative pastorali da attivare e le collaborazioni da stabilire tra noi, per rinnovare l’annuncio di Cristo, la comunicazione del Vangelo, l’educazione della fede, e per affrontare insieme le sfide che vanno oltre i confini delle singole diocesi.

Due anni, nell’era di internet, sono un’epoca storica. Quali tappe scandiscono il cammino verso Aquileia 2?
Nell’anno pastorale in corso le singole diocesi sono chiamate a discernere l’azione dello Spirito in ciò che è avvenuto nel loro vissuto ecclesiale e nella conseguente azione pastorale, e a «raccontare» questa azione dello Spirito. Inoltre sono chiamate a riconoscere le proprie risorse e a rilevare le difficoltà, i limiti, le domande, le aspettative, le priorità e le scelte.
Nell’anno pastorale 2011-2012, poi, le diocesi individueranno le scelte pastorali necessarie per rispondere alle sfide rilevate in questo primo anno di preparazione, le esigenze emergenti, il nuovo a cui aprirsi, i fronti pastorali su cui avanzare insieme. Il Comitato triveneto individuerà i «problemi pastorali» su cui concentrare la riflessione ad Aquileia e progetterà eventuali laboratori regionali di riflessione che si terranno prima del Convegno, che si svolgerà ad Aquileia (Udine) e Grado (Gorizia) nella prima settimana di Pasqua, dal 13 al 15 aprile 2012.

Sarà il Papa, il prossimo 7 maggio, a inaugurare, durante la sua visita ad Aquileia e Venezia, il secondo anno di preparazione al Convegno...
Siamo grati a Benedetto XVI per aver accolto l’invito del patriarca di Venezia e dei vescovi del Triveneto a compiere una visita pastorale nelle nostre terre. La visita del Papa alla Chiesa madre del NordEst è un forte segnale di attenzione del Pontefice e rappresenta uno stimolo particolare nel nostro cammino di preparazione. Il Papa di certo ci inviterà non solo a ravvivare la nostra fede ma, come ha dimostrato nella recente visita in Gran Bretagna e in Sicilia, ci chiamerà a un confronto e a un dialogo sincero e leale con tutti – credenti e non credenti – e ad arricchire la nostra società civile con le pratiche di «vita buona» proposte dalla fede cristiana.
Alcuni cristiani, anche preti, dimostrano una certa diffidenza nei confronti di eventi come questo, che rischiano di lasciare solo tracce di carta. Qual è l’antidoto che userete contro tale obiezione?
Aquileia 2 non produrrà «carta stampata», ma inviterà i cristiani a leggere il vissuto personale ed ecclesiale e a narrare ciò che lo Spirito sta facendo nella nostra vita e nella società. Ci inviterà a fare quello che hanno fatto i primi cristiani. Quando Pao­lo e Barnaba ritornarono ad Antiochia dopo la missione nell’Asia minore, «riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede» (At 14,27). Subito dopo, nel loro viaggio verso Gerusalemme, «attraversarono la Fenicia e la Samaria, raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli» (At 15,3). Poi arrivarono a Gerusalemme, dove «furono ricevuti dalla Chiesa, dagli Apostoli e dagli anziani, e riferirono quali grandi cose Dio aveva compiuto per mezzo loro» (At 15,4). Il momento della narrazione di quanto avviene nella vita della Chiesa è fondamentale per realizzare quella comunione che sfocia in una rinnovata missione. Questo «metodo narrativo» favorisce un modo tipicamente ecclesiale di incontrarsi. Ci invita a riconoscere ciò che il Signore ha realizzato con noi e per noi nella vicenda di ogni singola Chiesa e a farne dono vicendevole. La testimonianza di fede non è semplicemente un dare informazioni, ma è narrare ciò che il Signore ha fatto e sta facendo nella nostra vita e nelle nostre comunità.

Essere cristiani a NordEst oggi è più difficile?
Certo: l’attuale contesto culturale secolarizzato – che tende a rimuovere il senso della presenza di Dio – mette in crisi la nostra vita cristiana e ci obbliga a motivare la nostra fede e a renderla adulta. Oggi non si può essere cristiani per tradizione, ma solo per convinzione personale. Stiamo passando sempre più da un «cristianesimo di tradizione» a un «cristianesimo di elezione», da un contesto cristiano diffuso a un contesto secolarizzato, in cui la fede appare come una tra le varie opzioni e, molte volte, quella più ardua. In questa situazione noi cristiani siamo chiamati a rinvigorire la nostra fede e la nostra speranza, e a trovare nello Spirito la forza della perseveranza e della testimonianza, similmente a quanto è detto nelle lettere indirizzate alle sette Chiese in Apocalisse 2-3.

Infatti, per esprimere con parole di fede la preparazione ad Aquileia 2, nella Traccia di lavoro per le Diocesi avete utilizzato un versetto che ricorre più volte nel libro dell’Apocalisse: «In ascolto di ciò che lo Spirito dice alle Chiese». Si tratta di un versetto sintesi?
Sì, è una frase che riassume quello che deve essere l’atteggiamento fondamentale delle Chiese e dei cristiani: l’attenzione alla presenza e all’azione dello Spirito e la totale docilità alle sue chiamate. È questo l’atteggiamento che deve caratterizzare il cristiano, come ha segnato la vita di Maria, Madre di Gesù: «Maria conservava nel suo cuore tutte le cose che accadevano e le meditava» (Lc 2,19.51). Le motivazioni per cui i vescovi del Triveneto hanno scelto di celebrare questo secondo Convegno ecclesiale fanno riferimento ad Apocalisse 2-3, dove si narra la visione che chiede a Giovanni di mettere per iscritto «ciò che lo Spirito dice alle Chiese». A ciascuna delle sette Chiese è detto: «Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese» (Ap 2,7a.11a.17a.29; 3,6.13.22). È questo l’invito che anima la nostra preparazione. Un invito che vuole attivare lo stile ecclesiale della sinodalità e il metodo pastorale del discernimento comunitario, per rinnovare l’annuncio di Cristo agli uomini del nostro tempo.

di P. Ugo Sartorio, da il Messaggero di Sant'Antonio

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