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Sul solco della continuità alla luce della Tradizione.

Le moderne donne medievali di Papa Benedetto


di Lucetta Scaraffia

La scelta di Benedetto XVI di dedicare sedici catechesi del mercoledì a donne che hanno svolto un ruolo importante nella vita della Chiesa nel medioevo e età moderna ha un significato rivoluzionario all'interno della cultura cattolica: mai un Papa aveva dato tanto risalto alle figure femminili e ne aveva quindi ammesso l'importanza nella storia della Chiesa. Come esplicitamente dice il Papa, questa scelta si pone in diretta continuità con ciò che aveva scritto Giovanni Paolo II nella Mulieris Diginitatem, documento in cui aveva riconosciuto l'importanza del «genio femminile» nella tradizione cristiana. Dopo questa lettera apostolica, anche se le donne sono state citate più spesso nei documenti pontifici, nessun Papa aveva dedicato esplicitamente a protagoniste femminile le sue catechesi.
Anzi, negli ultimi decenni si era creata una situazione che aveva del paradossale: le ricerche storiche sulle religiose e sulle sante vissute nei secoli passati hanno conosciuto un importante incremento grazie alla storiografia laica. In particolare, le storiche femministe hanno studiato le sante spinte dall'abbondanza delle fonti esistenti -- in genere povere o assenti per la ricerca sulle donne -- ma anche dalla possibilità di riscoprire il ruolo autorevole che queste donne avevano svolto nella vita religiosa e nella cultura del tempo. Tanto che spesso -- per fare un nome, Ildegarda di Bingen -- le protagoniste della vita religiosa del passato erano più conosciute al di fuori del mondo cattolico che non all'interno. La presentazione di queste biografie femminili da parte del Papa ha sanato la situazione, ristabilendo al tempo stesso il valore della loro esperienza spirituale, certo trascurata dalla storiografia laica.
La fioritura di una tradizione religiosa femminile, nonché l'influenza che questa ha esercitato sulla costruzione della tradizione cristiana, sono il frutto evidente della specificità cristiana: fin dalle origini, infatti, il cristianesimo ha riconosciuto la parità spirituale fra donne e uomini, e ha permesso -- per la prima volta nella storia -- che delle donne scegliessero la verginità dedicandosi completamente alla vita religiosa. Accanto al monachesimo maschile, di conseguenza, è nato quello femminile, e alla santità maschile si è affiancata fin dalle origini quella femminile, che ha contribuito ad offrire modelli femminili autorevoli e forti che hanno senza dubbio contribuito, nel corso dei secoli, a preparare quel processo di emancipazione delle donne che contraddistingue la cultura occidentale.
La selezione delle protagoniste delle catechesi fatta da Benedetto XVI è, al tempo stesso, prevedibile e sorprendente: se era ovvia la scelta di donne come Ildegarda e Caterina da Siena, santa Chiara e santa Brigida, donne ben note e affermate nella tradizione cattolica, potrebbe stupire l'accostamento a loro di una beata che ha dovuto attendere secoli per vedere dissipati i dubbi che si erano addensati intorno alla sua straordinaria esperienza spirituale, come Angela da Foligno, e di due mistiche la cui santità non è stata riconosciuta: Margherita d'Oingt e Giuliana di Norwich. Una scelta inusuale che dimostra come Benedetto XVI sia stato mosso da un originale interesse per il mondo femminile del passato, che lo ha spinto alla ricerca di personaggi particolarmente significativi per la varietà e la profondità delle loro esperienze, scelti anche per l'origine geografica, che comprende molti Paesi d'Europa -- alcuni dei quali poi divenuti protestanti -- offrendo così un'ulteriore prova dell'esistenza di comuni radici cristiane. Le sante medievali prescelte, infatti, provengono da tutta Europa, e rivelano una ricchezza spirituale compatta e condivisa, costruita prima della spaccatura del cristianesimo avvenuta con la Riforma.
Un aspetto colpisce subito, alla prima lettura dei testi: quante di queste donne fossero colte, o per meglio dire coltissime. Molte infatti conoscevano il latino, e spesso erano addirittura in grado di scrivere in questa lingua, inoltre avevano una grande dimestichezza non solo con le Sacre Scritture, ma anche con la patristica. Da questo punto di vista spicca su tutte Ildegarda di Bingen, con il suo genio multiforme, grazie al quale ha dato importanti contributi alla medicina, alla musica, alla poesia ma anche alla teologia: doni dello Spirito Santo «destinati all'edificazione della Chiesa» che le aprono anche un'altra importante capacità, quella di «discernere i segni dei tempi». Ma se molte furono le dotte, è significativo il fatto che il titolo di Dottore della Chiesa, concesso da Paolo VI nel 1970, sia andato a Caterina da Siena, una giovane donna analfabeta, che dettava le sue lettere e le sue opere, traendo la sua saggezza dalla fede e dall'unione mistica con Dio.
Ad ognuna delle donne evocate la Chiesa deve qualcosa di specifico: a Chiara d'Assisi il modello di amicizia spirituale fra un uomo e una donna, a cui si ispirarono poi altri santi, come Francesco di Sales; a Matilde di Hackeborn l'attenzione alla liturgia e la composizione di preghiere; a Gertrude La Grande la capacità di vivere una intensa passione intellettuale riuscendo poi a indirizzarla esclusivamente a Dio; ad Angela da Foligno la narrazione di una delle più intense e al tempo stresso originali esperienze mistiche; a Elisabetta d'Ungheria il ruolo di guida spirituale nei confronti del marito e la capacità di coniugare amore e giustizia; a Brigida, esempio anch'essa di spiritualità coniugale, anche la capacità di governo della comunità da lei fondata; a Margherita d'Oingt, l'audace uso del linguaggio, con cui paragona la passione di Gesù ai dolori del parto; a Giuliana di Cornillon, la trasformazione di una intensa devozione eucaristica nella proposta di una festa, quella del Corpus Domini; a Caterina da Siena, l'intuizione Cristo come ponte fra cielo e terra, e la capacità di renderlo vivo e presente a tutti; a Giuliana di Norwich, il paragone dell'amore divino con l'amore materno; a Veronica Giuliani, la descrizione delle sue esperienze mistiche in 22.000 pagine manoscritte; a Caterina da Bologna, l'invito a compiere la volontà di Dio; a Caterina da Genova, che si dedica ai malati, la prova che «la mistica non crea distanza dall'altro». E, alla fine, una santa tanto celebre quanto poco conosciuta dal punto di vista religioso come Giovanna d'Arco, capace di coniugare l'esperienza mistica con la missione politica, la cui condanna da parte dell'Inquisizione il Papa definisce «pagina illuminante sul mistero della Chiesa», al tempo stesso santa e da purgare.
Si tratta di donne che hanno impresso con originalità un segno indelebile alla tradizione cristiana, sia proponendo nuovi modi di pregare o nuove solennità festive, che rivelando con le loro visioni sconosciuti e importanti aspetti del legame fra Dio e l'essere umano. Donne che hanno influito in molti modi nella cultura del tempo: Brigida, per esempio, con le sue visioni della nascita di Gesù e della crocefissione, alle quali aveva ottenuto di partecipare come testimone, suggerirà scenari e particolari che saranno poi ripresi da tutta l'arte sacra successiva, e quindi nutriranno l'immaginario religioso dei fedeli per secoli. Il Papa sottolinea soprattutto la grande capacità femminile di identificarsi nel Cristo sofferente, e di conseguenza di comprendere fino in fondo il tesoro costituito dall'amore che Dio nutre nei nostri confronti: un amore sconfinato, che molte sante osano paragonare con l'unico sentimento umano che gli si può avvicinare, quello materno.
Ma anche la comune caratteristica di testimoniare il «sigillo di un'esperienza autentica dello Spirito Santo», non vantandosi mai dei doni soprannaturali ricevuti e mostrando totale obbedienza all'autorità ecclesiale.
Benedetto XVI trae pure insegnamenti per l'oggi o riflessioni attuali dalle esperienze narrate. Parlare di Ildegarda gli dà occasione di confermare la necessità della presenza femminile nella ricerca teologica: «vediamo come anche la teologia possa ricevere un contributo peculiare dalle donne, perché esse sono capaci di parlare di Dio e dei misteri della fede con la loro peculiare intelligenza e sensibilità. Incoraggio perciò tutte coloro che svolgono questo servizio a compierlo con profondo spirito ecclesiale, alimentando la propria riflessione con la preghiera e guardando alla grande ricchezza, ancora in parte inesplorata, della tradizione mistica medievale».
Il linguaggio di Chiara d'Assisi, l'intensità delle espressioni nuziali di cui lei si serve per descrivere il suo rapporto con Cristo, gli servono per ricordare che «la Chiesa tutta, per mezzo della mistica vocazione nuziale delle vergini consacrate, appare ciò che sarà per sempre: la Sposa bella e pura di Cristo».
L'esempio di una santa sposata e madre di otto figli come Brigida di Svezia diventa occasione per riconoscere l'apporto positivo di «tutte le donne che illuminano la propria famiglia con la loro testimonianza di vita cristiana». Il ruolo autorevole svolto dalla stessa santa come badessa di un monastero doppio, metà maschile e metà femminile, che rispondeva solo a lei, gli permette di affrontare lo spinoso problema del sacerdozio femminile: «Di fatto, nella grande tradizione cristiana, alla donna è riconosciuta una dignità propria e un proprio posto nella Chiesa che, senza coincidere con il sacerdozio ordinato, è altrettanto importante per la crescita spirituale della Comunità». Una importanza del ruolo femminile ribadita ancora a proposito di Caterina da Siena: «Anche oggi la Chiesa riceve beneficio dalla maternità spirituale di tante donne, consacrate e laiche, che alimentano nelle anime il pensiero per Dio, rafforzano la fede della gente, e orientano la vita cristiana verso vette sempre più elevate».
Questa raccolta dedicata alle sante medievali costituisce quindi un inizio importante, la prova di una nuova attenzione al ruolo femminile da parte della massima autorità della Chiesa cattolica, che darà frutti copiosi sia nello stimolare nuove ricerche e nuove scoperte relative al mondo femminile cristiano, sia a suggerire alle fedeli, soprattutto alle giovani, di seguire il loro straordinario esempio.

(©L'Osservatore Romano 8 maggio 2011)

immagine Corbis

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