Uno sguardo veneto sulla Liturgia, musica e arte sacra, le attualità romane e le novità dalle terre della Serenissima.
Sul solco della continuità alla luce della Tradizione.

Splendori patavini: il Settecento della Cappella Antoniana

Le gallerie del tornacoro nella Basilica del Santo, dove si collocava la Cappella musicale ai tempi del Vallotti

"Addì 17 lasciò di vivere il signor Matteo Bissoli, eccellente suonatore di oboe, che da molti e molti anni decorava l’orchestra del Santo. Egli è l’ultimo de’ quattro lumi onde la suddetta orchestra era tanto chiara e famosa». È il mese di febbraio del 1780 quando Giuseppe Gennari, diarista padovano vissuto nel Settecento, registra la morte di Matteo Bissoli, celebre virtuoso, nato a Brescia, ultimo rappresentante di una stagione d’oro della cappella musicale della basilica del Santo. Nelle Notizie giornaliere del Gennari, redatte tra il 1739 e il 1800 (pubblicate a cura di L. Olivato, Rebellato, Padova 1982), compaiono più volte anche i nomi degli altri tre “lumi” della cappella: il violinista Giuseppe Tartini, il violoncellista Antonio Vandini e il maestro di cappella Francesco Antonio Vallotti. Con loro, Padova divenne un centro di interesse non solo per numerosi musicisti provenienti da tutta Europa, ma anche per viaggiatori inglesi, tedeschi e francesi, che non mancavano di visitare la città veneta per ascoltare le loro esecuzioni. Quattro musicisti, quindi, che collaborarono per decenni e offrirono il loro servizio nelle occasioni liturgiche e in concerti privati. Ultimo dei quattro musicisti a fare parte dell’organico della cappella musicale, Matteo Bissoli venne assunto come virtuoso di oboe nel 1736. In una dimensione liturgica si inserisce la produzione musicale di Francesco Antonio Vallotti. Nato a Vercelli nel 1697, Vallotti fu maestro di cappella presso la basilica per più di cinquant’anni e, in qualità di organizzatore e responsabile delle attività musicali della cappella, compose un consistente corpus di brani usati nel corso dell’anno liturgico in basilica. Accanto alle composizioni vocali di Vallotti si collocano quelle prettamente strumentali di Giuseppe Tartini. I suoi concerti per violino, destinati in gran parte al servizio liturgico presso la basilica, prevedevano un organico orchestrale al completo. Bolognese, violoncellista virtuoso e compositore,Antonio Vandini entrò a far parte della cappella musicale, come Tartini, a partire dal 1721.

Giuseppe Tartini





L’orecchio dell’ascoltatore moderno è oggi abituato ad ascoltare la musica del passato in modo totalmente svincolato dal contesto in cui si è andata formando e dalle finalità per cui è stata scritta. Accade così che un vasto repertorio come la musica strumentale del Settecento viene considerata come un genere a sé stante, mentre è nata in un contesto liturgico e veniva ascoltata e diffusa in chiesa, in un’interessante e proficua mescolanza di brani vocali, pezzi a tutta orchestra, repertorio solistico ecc. Non sempre è possibile ricostruire il contesto esecutivo di questi brani, ma varie indagini in questo senso gettano luce sul contesto ambientale, produttivo e fruitivo dell’epoca. Che valore ha una ricerca del genere? Certamente consente di ascoltare in modo diverso. Inoltre riuscire a collocare il brano musicale nel contesto in cui è nato ci permette di comprenderne meglio i meccanismi interni, la finalità esecutiva, la circolazione, le modalità di recezione da parte degli ascoltatori, le influenze ricevute e realizzate ecc. In questo contributo ho raccolto una serie di testimonianze e notizie relative ai concerti di Giuseppe Tartini. A partire dagli anni venti del Settecento l’attività compositiva ed esecutiva di Tartini si lega indissolubilmente alle vicende del corpo orchestrale della Basilica di S.Antonio a Padova. Nel 1721 egli veniva assunto per chiara fama e senza obbligo d’esame come Primo violino / Violino capo di concerto della cappella musicale della Basilica Antoniana, con una qualifica coniata appositamente per lui, che verosimilmente comportava la programmazione e direzione della musica strumentale eseguita durante le funzioni. L’interesse e il rilievo dato dalla Veneranda Arca del Santo proprio in quegli anni alla figura del primo violino è direttamente collegato all’obiettivo del rinnovamento e ampliamento della cappella, sostenuto anche con l’aumento degli stanziamenti annui per la cappella musicale in corso nel secondo decennio del Settecento.

p. Francesco Antonio Vallotti
Le esigenze musicali legate al calendario liturgico di tutto l’anno, insieme agli “obblighi de’musici” erano stabiliti da vari Capitolari pubblicati fin dal XVII secolo. Tra di essi il Capitolario approvato dalla Presidenza dell’Arca il 19 giugno 1721 riporta gli Obblighi negli Organi con Instrumenti, e Concerti, in cui tutta l’orchestra era impegnata nelle seguenti funzioni:
La Compieta nelle Domeniche, e Feste tutte dell’Avvento, come pure nelle Domeniche di Quaresima, e Feste, Lunedì e Martedì Santo. Nel riponersi il SS.Sagrgamento il Tantum ergo. In tutti i Venerdì di Quaresima, e il Venerdì fra l’Ottava del Santo la Compieta solenne con il Transito.
Mentre negli Obblighi negli Organi con Instrumenti rientrano le seguenti festività:
Nelle Domeniche di tutto l’anno la Messa, eccettuato il tempo delle Vacanze. Nelli Martedì di tutto l’anno la Messa, eccettuato come sopra, e dopo la Messa il Si quaeris Miracula al Glorioso S.Antonio.

La parola ‘concerto’ non riveste nei Capitolari il significato di genere musicale che diamo noi oggi al termine, piuttosto è probabile che essa indichi la presenza di parti solistiche (anche vocali). Una delibera del 1726 sancisce che “nelle Messe tutte a concerto si faci doppo il Credo la sua Sinfonia” e certamente gran parte dei concerti e delle sonate di Tartini nascono per queste funzioni e sono legati al grado di solennità della festa. È probabile che essi venissero eseguiti suddivisi nei singoli movimenti: all’Offertorio il primo movimento, il secondo all’Elevazione, il terzo al Communio o alla conclusione del servizio. Le date manoscritte ritrovate sulle parti dei singoli strumenti, sebbene relative a un periodo di poco successivo a Tartini, confermerebbero questa prassi. 
In occasione di festività particolarmente solenni e prolungate era possibile l’esecuzione di più di un concerto nel corso del rito. Lo storico della musica Charles Burney, visitando Padova nell’estate del 1770, descrive una di queste messe concertate:
Mi recai alla chiesa di S.Antonio, dove, ricorrendo il Giorno del Perdono, si celebrava una messa con parti solistiche, composte da Padre Vallotti, che presenziava battendo il tempo [...]. Benché non si trattasse di una festività importante, l’orchestra era più numerosa del solito. Ci tenevo molto a sentire il celebre oboe Matteo Bissoli e il famoso vecchio violoncellista, Antonio Vandini che, come dicono gli italiani, suona in modo tale da far parlare il suo strumento. [...] Il coro di questa chiesa é immenso; i bassi sono posti tutti su un lato; i violini, gli oboi, i corni e le viole sugli altri lati. Le voci sono divise tra le due gallerie. 
Fino a metà Seicento il coro precedeva il presbiterio, chiudendo la vista all’altare, mentre dopo la ‘voltura del coro’ del 1650, esso venne disposto secondo la configurazione attuale, sui tre lati attorno all’altare. L’orchestra era disposta lungo tutta la galleria, con gli strumentisti vestiti in cotta e nascosti alla vista dei fedeli da drappi. Altri illustri personaggi e valenti musicisti ruotano attorno al Santo negli stessi anni di Tartini, facendo della Basilica un polo musicale d’eccezione e creando una vero e proprio circolo di musicisti con scambi e influenze tra varie personalità di esecutori, virtuosi e compositori, come emerge da una lettera del 1751 in cui Padre Vallotti scrive al conte Giordano Riccati:
Ho parlato col Sig. Tartini, col Sig. Matteo [Bissoli], e col Sig. D.Antonio [Vandini] per il noto Ottavario, ed avendo inteso che io sarò destinato a fare le funzioni hanno abbracciato tutti e tre l’impegno di suonare non solamente i Concerti, ma anche a tutta funzione, come fanno qui in questa Chiesa del Santo, e questo per dire il vero non è cosa indifferente, perché tre soggetti di questa fatta fanno spiccare tutta l’Orchestra.

Guido Viverit e Margherita Canale Degrassi

Antonio Vandini visto da Pier Leone Ghezzi





4 commenti:

Anonimo ha detto...

La cultura comune si legava al sacro e alla Liturgia. Se lo si facesse ora... che orrore!

Anonimo ha detto...

Anonimo spiegati meglio...cosa vuoi dire?

Anonimo ha detto...

Il senso comune del "bello" d'un tempo (in questo caso, del settecento veneto) si rispecchiava anche nella Liturgia. L'attuale senso del "bello" difficilmente è compatibele con la messa, sicuramente in campo musicale. Non me la vedo lady gaga che intona l'introito.

Anonimo ha detto...

bellissima la cultura liturgica veneta!

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